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Lo schema Ponzi e il futuro dell'AI

Il previsto shock del mercato dell'intelligenza artificiale potrebbe essere finalmente arrivato. Giovedì scorso Wall Street ha assistito a un crollo significativo dei titoli tecnologici legati all'AI, da Meta e Microsoft fino a Nvidia e AMD. Una dinamica che richiama alla mente la teoria dell'instabilità finanziaria di Hyman Minsky, secondo cui i periodi di prosperità economica portano inevitabilmente a un'eccessiva assunzione di rischi e alla formazione di bolle speculative.


Nel caso dell'AI, il contesto post-pandemico ha creato il terreno perfetto per quello che Minsky chiamava il "momento di euforia". La combinazione di politiche monetarie ultra-espansive, tassi di interesse ai minimi storici e l'accelerazione digitale imposta dal Covid-19 ha creato un cocktail esplosivo. Gli investitori, alla ricerca di rendimenti in un mondo di tassi zero, hanno trovato nell'AI una narrativa perfetta: una tecnologia rivoluzionaria che prometteva di trasformare ogni aspetto dell'economia.

Seguendo lo schema classico di Minsky, siamo passati rapidamente da un finanziamento "hedge" (prudente e basato sui fondamentali) a uno "speculativo" e infine a quello che lui definiva "Ponzi finance", dove le valutazioni si basano principalmente sulle aspettative di continui aumenti dei prezzi degli asset. Le valutazioni astronomiche di Nvidia e di altre aziende del settore riflettono perfettamente questa dinamica.

Ma cosa sta realmente succedendo nel mercato? Per mesi, anzi per tutto il 2023 e l'inizio del 2024, abbiamo assistito a una corsa sfrenata verso qualsiasi azione minimamente collegata all'intelligenza artificiale. Charles Kindleberger, che ha ampliato il lavoro di Minsky, descriveva questo fenomeno come "mania": un periodo in cui la razionalità degli investitori viene sopraffatta dall'euforia collettiva. Le aziende produttrici di semiconduttori hanno visto le loro valutazioni schizzare alle stelle, con Nvidia che è diventata il simbolo di questa nuova corsa all'oro digitale.

Il paradosso è che questa correzione arriva proprio mentre le aziende stanno annunciando risultati eccellenti. AMD prevede di incassare circa 5 miliardi di dollari quest'anno solo dai dispositivi legati all'AI. Meta e Microsoft hanno presentato trimestri strepitosi. Ma come ci insegna la storia delle bolle finanziarie, dai tulipani olandesi alle dot-com, i fondamentali positivi spesso mascherano un'eccessiva esuberanza del mercato.

Il vero punto di svolta sta in un cambiamento fondamentale che sta avvenendo nel mercato dell'AI: il passaggio dalla fase di "training" a quella di "inference". Questo shift tecnologico potrebbe essere il catalizzatore che Minsky identificava come il momento in cui il mercato riconosce la non sostenibilità delle valutazioni correnti.

Per capire l'importanza di questo cambiamento, facciamo un passo indietro. Fino ad ora, la maggior parte delle risorse è stata investita nel "training" dei modelli AI - pensate a ChatGPT e simili. Questa fase richiede un'enorme potenza di calcolo e chip specializzati, creando quello che gli economisti della scuola austriaca chiamerebbero un "malinvestment" - un investimento eccessivo in particolari settori dell'economia guidato da segnali di prezzo distorti.

La liquidità post-Covid ha alimentato questa distorsione. Come evidenziato da Robert Shiller nei suoi studi sulle bolle speculative, le "narrative economiche" - storie convincenti che giustificano le valutazioni elevate - hanno giocato un ruolo cruciale. L'AI è diventata la narrativa perfetta per un'era di tassi zero e abbondante liquidità.

Ma ora la situazione sta cambiando radicalmente. Nei prossimi anni, la stragrande maggioranza dei carichi di lavoro AI si sposterà verso l'inference, cioè l'utilizzo pratico dei modelli già addestrati. Questo cambiamento tecnologico coincide con un inasprimento delle condizioni monetarie globali, creando quello che Minsky descriverebbe come un "momento di verità" per il mercato.

La transizione verso l'inference potrebbe avere conseguenze drammatiche per le aziende che hanno beneficiato della fase speculativa. Come nella teoria di Minsky, il passaggio da un regime di finanziamento a un altro può innescare una crisi. Non che il mercato del training sparirà completamente, ma il ridimensionamento potrebbe essere più brusco di quanto molti si aspettino.

C'è poi un altro elemento di preoccupazione che richiama il concetto di "validazione" di Minsky: nonostante tutti gli investimenti, non abbiamo ancora visto prove concrete che i progetti AI stiano generando i ritorni economici necessari per giustificare le valutazioni attuali. L'AI generativa nelle imprese è ancora agli albori, e come ogni nuova tecnologia, il percorso dalla promessa alla profittabilità è raramente lineare.

La verità è che il mercato dell'AI sta entrando in quella che potremmo chiamare, seguendo la terminologia di Carlota Perez, la fase di "frenesia" del ciclo tecnologico, dove l'euforia iniziale deve confrontarsi con la realtà operativa. Non è necessariamente una cattiva notizia: storicamente, è proprio dopo lo scoppio delle bolle speculative che le nuove tecnologie iniziano a dispiegare il loro vero potenziale trasformativo.

Per i politici e i regolatori, la sfida sarà gestire questa transizione evitando quello che Minsky chiamava il "debt-deflation", un processo in cui la svendita degli asset e la contrazione del credito si autoalimentano. La bolla dell'AI potrebbe sgonfiarsi, ma l'innovazione continuerà. Anzi, potrebbe accelerare una volta che le valutazioni torneranno a livelli più sostenibili e l'attenzione si sposterà dalla speculazione finanziaria all'implementazione pratica.

Come ci insegna però la storia economica, lo scoppio delle bolle non è mai indolore e i venti di guerra sempre più forti uniti a una classe politica occidentale certo non tra le più brillanti dell'ultimo secolo la "distruzione creatrice" schumpeteriana potrebbe lasciare il passo a una crisi sistemica ben più ampia. Tempi interessanti.






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